ODE ALLA COCA COLA.
Con vani schioppi esubera,
frizzicorii eccitati schiumano
fondendosi in un cupo specchio
forato da bolle emerse e galleggianti.
Come sgorga
sfavilla lieve,
collassa in briciole
chè di grossi sapori
chè di amara arsura.
Invano si presta
a totale assuefazione,
poichè con squasso impone,
nuova e casta disposizione.
ODE AL CAFFÈ ESPRESSO.
Non vi è simil paghi
di caldo rinfrescar
le assopite membra,
mattutine, instabili,
ininteragenti incora.
Così serba conforto d’inerzia
poiché è amaro vitale.
Si può tentar invano,
di attenuar con dolce,
o di inasprir col forte,
quell’umile aroma
fuori dal vario,
né mero che sé.
Con tenue clamore si annuncia,
dalla moca fschia,
freme,
pervade di spirito il suo campo d’azione,
sicuro tende appiglio al tempo,
di passaggio
nel reale del vivente
e la sua fnzione.
A volte smuove umori,
che di satira,
son alchemiche mondane
di digestivo, il ciclo
stabilizzano d’uopo.
ODE AL CORNETTO ALLA CREMA.
Sofce brianza,
di chiari languidi e sorrisi
inespressi per la foga
di chi azzanna veemente,
con ampi morsi.
Così in pieno senso,
a raggiera,
in papillici moti,
dichiarano l’unione:
tra sapore e prefazione.
Son lucenti, morbidi
e sgranocchiose le sfoglie.
La delizia d’anima,
che in centro s’appressa,
a tentar con crema
le più bocche caste.
ODE AL SUCCO D’ARANCIA.
Oh succo d’arancia!
Gentile e soave succo d’arancia.
Traspose bocca fresca
Di sprizzi inebrianti di frescume dolciastro
Impasti le mie membra assopite
A nuova vitalità corroborante
A raggera si spandono docili
Gorgoglii di festa
Inefabile,
Di trasparenti ghigni sereni
Sbatte, scalpita, abbraccia
Le papille più basiche al tatto si accendono e si schiantano.
Senza tonfo.
ODE ALLA TORTA CARNEVALE DELLA NONNA
Sì colma di sapori dolciastri
è la sua presenza.
Con grande affanno ripara
le più, golose voglie,
nonché di manchevolezze
i bisogni zuccherini.
Soi varii strati,
riempion l’ammasso bianco schiumoso,
rifnito in coriandoli,
di snec commerciali.
Per rituale
ce ne s’ingozza,
coi parenti a giuria
alla misma preparata dalla zia.
ODE ALLA PIADINA
Quanto giova?!
Di spicchi,
Morsi,
Rotoli,
A mezza luna,
O per ingordo piena.
Magari se non t’abbuffi,
Ci faccio un gir di taccotto,
Ch’appresso di sentor
Si fan fauci
E sbranano
Quell’avvolto incolore
Difficilmente svela il gusto
Mai, ma che importa?!
A chi,
A uffo,
Ne taffia.
ODE AL FORMAGGIO GRANA
La crosta di crusca è lascito
Agli sregolati
Che di etica
Non piegan la briglia alla libertà
Nel fasto della fantasia, l’attuar.
Ingenuo chi nel quotidiano
Non si gode di sgranevolezza,
La forma nota Celiba, fresca
Dissuasore papillico di chi gusta ai calici, od a chi freme la portata
Senz’occhi od olfatto sazio.
Di grano in su’n Po,
In di sotto è una marca.
Sior non so se è sale
O aria
O fen che brucan i cavalcioni,
M’imbroglian lesto in senso appien di gaudio,
Il qual si mantiene
Atteso
Al suo ricettor preposto,
in negativo.
Suol la voglia,
Senza di ostenti,
né di che precipitarsene.
ODE ALL’ACQUA NATURALE CON POCO SODIO.
Sincera ed eterna
lieto di averne a boccate.
Più pura del puro,
la maggior invenzione
del mondo in questione.
Anima motrice,
di che la vita si abbevera
ed ogni cosa par pasto
di lordura cagione
all’acqua un passo scorre.
ODE ALLA NUTELLA
Sublime delizia, catarsi spirituale;
dolcezza e soavità spalmabile,
che s’abbondi quando ne abbonda nel vaso
di contro si razioni quando scarseggia
fin di sporcare solo la fetta,
a volerla imprimere d’essenza.
Villan chi la trangugia a cucchiaiate!
A posteriori s’insinua malinconica
la sconftta, il rimorso
d’aver peccato di gola
abusando di zuccheri saturi
col pensier alla trippa
di Manuele Palazzi