Sdraiato, steso su impermeabili densità terrestri, tra spasmi di vertigini, a contemplare l’abisso astrale, reagivo pensando sul paradosso degli
assoluti discordi, riguardo al limite della creazione e di contro al non senso dell’infinita propagazione dell’insieme. Riuscivo a rimuginare su questo traguardovatico fondamentale per edificanti istanti, poi ricadendo in facete insinuazioni sulle dinamiche dell’essenza. Così scoprii mio malgrado, lo sforzo che ponevo per restare nell’idea, oggettivando quel momento di coscienza colle variabili d’occasione tra le costanti emozionali nell’amplesso degli attributi esercenti. Intorno a me, immobile atomo demiurgo, splendide vie e sentieri poco illuminati, un viaggio con scalini fasulli, fatti di simboli, i quali possono essere ripidi ed impervii come rampe impennanti in aggetto, oppure semplici e piani per una passeggiata senza fàtica e verso un sempre chiaro orizzonte.