Negli ultimi tre anni, la dj e produttrice siberiana Nina Kraviz si è rapidamente affermata come rispettato (e caratteriale) punto di riferimento nell’underground della variegata scena dance globale.
Prendendo spunto dai filoni più avant-garde dell’attuale genere house, la sua produzione ha aggiunto un rinfrescante tocco femminile a uno stile che, in generale, ha un tasso estrogeno pari a quello presente in un palazzetto dello sport durante un incontro di wrestling.
Il suo album di debutto, di recente pubblicazione, non è purtroppo all’altezza delle aspettative createsi grazie ai suoi set incendiari e all’incontrollabile hype nerd e gossippara intorno alla sua vita privata e alle sue attività collaterali al dj-ing (fare da testimonial per Hugo Boss e altre maison di chiara fama).
Registrato nel corso di due anni, l’LP è un lavoro suggestivo che evoca stati d’animo oscuri e down emotivi. Pensato come “viaggio emozionale”, manca di quel senso di immediatezza che si richiede alla house di buona fattura, ma, a rifletterci, pure ai viaggi emozionali.
I momenti migliori dell’album si hanno quando Nina mette da parte la propria voce e relativi esercizi di stile, per concentrarsi sul lato strumentale della faccenda. Diversioni come Working e 4Ben sono tracce “dense” che dimostrano un’ incontestabile abilità compositiva. L’apice viene raggiunto nella traccia Petr, dove sì, è presente un cantato, ma tagliato e ricucito come house – deep house! – comanda.
Un disco che, alla fine dei conti, delude. Ma che pure lascia intravedere solide basi artistiche e ottimo gusto compositivo.
La ragazza farà strada. Non solo defilé.
Ad ogni buon conto, vederla in console pare sia un’esperienza unica. La prossima data italiana di Nina è prevista il 10 novembre, al Club 2 Club di Torino.
(A proposito di siberiani. Ne abbiamo uno, in Italia, che non tratta di dance, ma di letteratura. Si chiama Nicolai. Seguitelo, ne vale la pena).