Alcide Cervi – Piccola antologia del lavoro [1]

La storia della mia famiglia non è straordinaria. Vedete, qui a Reggio ci sono i cinque Manfredi, fucilati dai fascisti, e i tre Miselli.
[Da I miei sette figli, di Alcide Cervi]

 

Progresso, patria, vita e scienza.

Cervi descrive una classe contadina che si inserisce all’interno di un moderno percorso di salvezza, fondato su alcuni concetti-chiave propri delle ideologie socialiste e popolari, del positivismo e dell’utilitarismo: progresso, patria, vita e scienza.

 

 

 

 

La storia della mia famiglia non è straordinaria. Vedete, qui a Reggio ci sono i cinque Manfredi, fucilati dai fascisti, e i tre Miselli. Da noi trovate famiglie unite come le dita di una mano, e sono unite perché hanno una religione: il rispetto
dei padri, l’amore al progresso, alla patria, alla vita e alla scienza. E soprattutto, noi contadini emiliani, amiamo la patria e il progresso. Così non si ha paura di morire.

[…]

Il sole non nasce per una persona sola, la notte non viene per uno solo. Questa è la legge, e chi la capisce si toglie la fatica di pensare alla sua persona, perché anche lui non è nato per una persona sola. I miei figli hanno sempre saputo che c’era da morire per quello che facevano, e l’hanno continuato a fare, come anche il sole fa l’arco suo e non si ferma davanti alla notte. Così lo sapevano i Manfredi, i Miselli, i tanti partigiani morti, e non si sono fermati davanti alla morte.

[…]

Ma un’altra cosa la voglio dire, per coscienza. Aldo mi ha dato quel poco che ho di intelligenza politica, e io a lui ho dato il senso della protesta. Aldo è sempre stato la testa della famiglia. Quando studiava e non veniva nei campi l’ho sempre lasciato lavorare, perché era capitale anche quello, e più importante del fondo. Questo lo voglio dire chiaro perché chi ha cultura non pensi sbagliato sul nostro conto, ché siamo riusciti a fare certe cose solo con le braccia o perché siamo più spicciativi degli intellettuali. Vedete, per esempio, il paragone con la quercia. Mi hanno detto sempre così, nelle commemorazioni: tu sei una quercia che ha cresciuto sette rami, e quelli sono stati falciati, e la quercia non è morta. Va bene, la figura è bella e qualche volta piango nelle commemorazioni. Ma guardate il seme. Perché la quercia morirà, e non sarà buona nemmeno per il fuoco. Se volete capire la mia famiglia, guardate il seme. Il nostro seme è l’ideale nella testa dell’uomo.

[…]

Bisogna armarsi con la testa, voglio dire. Perché anche l’amore viene dall’utile, e c’è il buongoverno quando l’amore per la patria dà l’utile al cittadino e allo Stato. E quando si fanno le guerre per difendere l’utile, e perché gli altri popoli non perdano l’utile, allora l’amore di patria fa vincere le guerre. I fascisti hanno perduto la guerra perché non difendevano l’utile, né dello Stato, né degli altri popoli.

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