Il voto di protesta: discorso tra Freud, Dostoevskij e me

Credo che esista un’enorme analogia tra l’inaspettata vittoria di Trump alle elezioni americane e l’inaspettato trionfo del “Yes” al referendum sulla Brexit.

Parlo di vittorie inaspettate non solo perché la maggior parte dei sondaggisti non era stato in grado di prevederle, ma anche perché, pure la maggior parte di noi – cittadini italiani di livello culturale medio – la sera prima di entrambe le votazioni è andata a letto pensando: “beh dai, alla fine non c’è tanto di cui preoccuparsi; i nostri colleghi americani (o inglesi, a seconda) non saranno mica così mascalzoni da votare contro il loro – apparente – interesse?”. Pure le borse di tutto il mondo si sono fidate degli exit poll, impostando algoritmi di compra-vendita tarati in maniera tale da guadagnare in caso di vittoria di Clinton, o proteggersi, in caso di vittoria di Trump.

Oltre che nella sorpresa dell’esito, credo che ci siano forti analogie anche nell’intento, che è stato definito dai più come “voto di protesta”. Personalmente, ho riflettuto molto sul significato e sulla natura di questa espressione, che in maniera ossimorica esprime allo stesso tempo preferenza e disappunto, voglia di parlare senza esprimersi, possibilità e impossibilità.

Alla fine dei miei ragionamenti mi sono ritrovato in mano tre libri: il primo è Delitto e Castigo, di Dostoevskij, il secondo I fratelli Karamazov, dello stesso autore, e il terzo, L’introduzione alla psicanalisi di Freud; in questi tre classici ho riconosciuto molti dei protagonisti delle vicende che riempiono la nostra attualità.

Secondo Freud tutta la questione sembrerebbe ruotare attorno al complesso di Edipo, per il quale in ogni bambino esiste un desiderio segreto di uccidere il padre per unirsi con la madre al posto suo. Normalmente, però, il bambino rinuncia ad agire questo desiderio per paura di essere evirato dal padre; e resta in lui traccia di questo timore sotto forma di senso di colpa e di desiderio di espiazione. Il conflitto resta e, nella maggior parte dei casi, cresce con l’individuo, raggiungendo la maturità nel momento in cui si definiscono i suoi Io e Super-Io: il primo rappresenta l’espressione del desiderio atavico di annientamento della figura paterna; mentre il secondo è la proiezione della stessa. Qualora però il padre fosse violento, crudele, brutale, egoista, i rapporti tra il Super-Io, sua proiezione e rappresentazione di ciò che si vorrebbe essere, e l’Io, ovvero ciò che si è, potrebbero non essere ottimali. L’Io si troverebbe a subire una condizione di passività, nella quale ottiene la sua soddisfazione solo attraverso i maltrattamenti che il Super-Io gli riserva; cioè secondo Freud, l’Io andrebbe a mettersi al posto della madre per placare l’ira del Super-Io, padre. Questa persona perciò serberà sempre in sé il desiderio di uccidere il padre e, di conseguenza, anche il senso di colpa che deriva dalla paura della castrazione.

Mi trovo tra le mani anche le due maggiori opere di Dostoevskij perché in esse è raccontata questa bramosia segreta, unita all’intimo senso di colpa, che i personaggi vivono nel gioco tra un Super-Io sadico e un Io passivo; bramosia che, in ultima battuta, si realizza in un crimine, e poi si risolve in una pena, quindi in una punizione.

Ebbene, io immagino il sistema capitalistico come un padre dal carattere avido, spietato; come un padre sadico, che quando torna a casa la sera, se è giornata buona si va a letto tranquilli, mentre se è giornata cattiva, allora giù con le botte. Immagino le sue promesse, fatte di storie di potere e ricchezza, e immagino anche il secondo successivo, nel quale urla ai figli che non saranno mai all’altezza delle sue aspettative. Immagino l’ambivalenza di questi che, come un pendolo in moto perpetuo, si trovano a passare da uno stato di illusione a uno di delusione; perché è così: non si è mai abbastanza per il padre-capitale.

Ecco che, calando la teoria freudiana in questo schema si potrà affermare che i figli arriveranno a sviluppare un Super-Io sadico, tanto quanto lo è il padre, e un Io passivo, che si appaga grazie ai tormenti che il Super-Io gli arreca. In questo scenario, perciò, lo stesso “voto di protesta” cessa di avere un significato di ribellione e diventa un’opportunità di godimento masochistico: i figli oppressi da una morale egoista e individualista reagiscono invocando meno tolleranza, meno umanità, meno collaborazione; in altre parole, più botte. Trump e Brexit sono quindi altre bastonate in faccia a noi, figli del padre-capitale, ma che in realtà siamo arrivati ad apprezzare. E anche tanto.

Immagino questo, ma in fondo immaginavo anche che gli inglesi sarebbero rimasti in Europa e che in America vincesse Clinton, quindi, ancora una volta, potrei sbagliarmi.

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